Allerta in tutta Italia per sostanze nel latte: tutta la verità

I consumatori sono sempre più preoccupati per la qualità del cibo che portano in tavola e sono consapevoli dei rischi associati alla contaminazione. Ecco perché richiedono alimenti freschi, nutrienti e sani e, se possibile, filiere corte, controllate e certificate. Garantire la sicurezza dei prodotti sul mercato è responsabilità delle agenzie di regolamentazione dei farmaci. Queste agenzie non hanno solo il compito di rilevare eventuali eccessi di molecole dannose, ma hanno anche il compito di valutare gli effetti negativi a lungo termine che alcune di esse potrebbero avere sulla salute umana, pur rimanendo a livelli ritenuti sicuri.

Insieme a frutta e verdura non biologica, carne e pesce provenienti da allevamenti intensivi, altri prodotti di origine animale sono ora preoccupanti perché il fatto che possano contenere residui di farmaci veterinari rappresenta un potenziale rischio per la salute. Insieme alla terapia preventiva nel campo della tecnologia animale, volta alla protezione degli animali, questi agenti bioattivi possono rimanere nella carne così come nel latte, nei formaggi, nelle uova e nel miele, causando,  il deterioramento della salute umana.

Secondo i dati di un’indagine, circa la metà delle confezioni di latte vendute sugli scaffali dei supermercati contengono sostanze farmacologicamente attive antibiotiche e antinfiammatorie comunemente utilizzate negli allevamenti (amoxicillina, desametasone, meloxicam) dei resti. Le concentrazioni sono comprese tra 0,007 e 4,53 ng/ml.

Si tratta di una fascia che rientra nei limiti di legge imposti dalla normativa comunitaria . Tuttavia, questo ha portato a interrogarsi sui possibili effetti di alcune sostanze sulla salute umana anche a dosi molto basse. Pertanto, in data 14 aprile 2021, Ats Brescia e l’Istituto di Prevenzione Animale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con aziende locali, associazioni di categoria e veterinari aziendali, hanno avviato un progetto pilota dal titolo “Lc – Metodi multiclasse in Hrms: un nuovo metodo analitico per lo studio dei residui di antibiotici nel latte”.

L’idea è di monitorare attentamente tutte le fasi della produzione e soprattutto di valutare la presenza di residui di farmaco nel latte in commercio, anche se molto piccoli, che a lungo andare possono portare ad uno squilibrio del microbioma e il fenomeno della resistenza agli antibiotici.

Al centro di questo progetto c’è una nuova tecnica di rilevamento strumentale basata su una combinazione di cromatografia liquida e spettrometria di massa ad alta risoluzione in grado di identificare contemporaneamente più di 60 possibili molecole, tra cui diversi antibiotici (β- lattami, fenoli, chinoloni, macrolidi, pleuromutiline, penicilline, cefalosporine, sulfamidici, tetracicline, rifamicine), anche in quantità molto piccole, rispetto al limite di legge 100-1000 volte inferiore.

Il nuovo metodo è in grado di determinare con maggiore precisione rispetto a prima i livelli di sostanze farmacologicamente attive negli alimenti, al fine di ridurne ulteriormente la presenza. Ha anche il vantaggio di poter essere applicato non solo al latte, ma anche ad altri prodotti legati al bestiame, tra cui carne, uova e miele. L’analisi effettuata ha coinvolto 52 campioni di latte prelevati in due fasi (settembre 2020 e dicembre 2020) da 11 stabilimenti e circa 150 aziende agricole della provincia di Brescia, le prime ad essere utilizzate in Lombardia. La regione che produce latte crudo, da sola, rappresenta il 40% della produzione nazionale, con 5,6 milioni di tonnellate di latte (di cui 1,5 milioni di tonnellate provengono da circa 1.200 allevamenti bovini e 138 stabilimenti nel bresciano).